San Matteo
La chiesa di San Matteo si eleva maestosa alla confluenza di uno stretto reticolo viario, costituendone un’ideale quinta scenografica. Riedificata dalle fondamenta, essa sostituì la più antica cappella dedicata al Santo Apostolo, cui era annesso un convento di terziarie francescane, di fondazione quattrocentesca. La posa della prima pietra risale al 1667, celebrata nell’epigrafe posta in facciata al di sotto della nicchia a destra del portale, a opera del Vescovo leccese Luigi Pappacoda (1639-1670), intraprendente mecenate impegnato in prima persona in quel processo di rinnovamento urbano che avrebbe fatto di Lecce una città-chiesa. Un’ulteriore iscrizione nel fastigio di coronamento riporta l’anno 1700, in riferimento alla conclusione dei lavori. Progettata dall’architetto leccese Achille Larducci, l’intera fabbrica rivela nell’articolazione sintattica l’importazione dei modelli aulici del barocco italiano tra Francesco Borromini e Guarino Guarini, tuttavia reinterpretati in chiave locale. La complessa facciata a due ordini, scanditi da una trabeazione curvilinea poggiante su modiglioni scanalati, si caratterizza per l’andamento concavo-convesso delle superfici risolte in un esuberante alternarsi di elementi strutturali e decorativi. L’andamento curvilineo dell’ordine inferiore tripartito è arginato da alte paraste quadrangolari mentre poderose colonne inquadrano il portale centrale architravato, sormontato da una nicchia al di sopra della quale, entro un timpano spezzato, è allocato lo stemma francescano. Simmetricamente collocate ai lati dell’ingresso, si aprono due nicchie emergenti su uno sfondo a punta di diamante. Al profilo convesso e ricoperto di scaglie dello scomparto inferiore centrale si contrappone la concavità della parte centrale liscia dell’ordine superiore, sulla quale si apre una serliana coronata da una modanatura continua. Lateralmente, a riproporre il motivo inferiore, sono due nicchie riccamente decorate. L’andamento sinuoso è accentuato dalla possente cornice modanata mistilinea di coronamento, sormontata da un fastigio tra pinnacoli in asse con le nervature verticali. Lo spazio interno, più sobrio rispetto all’esterno, è organizzato intorno a un vano ellittico su cui si aprono il presbiterio a terminazione piatta e le brevi cappelle laterali a pianta rettangolare, intervallate da paraste d’ordine gigante su cui s’imposta, al di sopra dell’aereo matroneo, una trabeazione continua. L’illuminazione dell’aula è affidata a coppie di finestre in asse con le sottostanti cappelle che diventano, in corrispondenza del presbiterio, un’unica trifora riproducente l’analoga apertura in facciata. Della preziosa veste pittorica e scultorea della chiesa si segnalano gli altari lapidei tipici della tradizione barocca leccese, le statue dei Dodici Apostoli realizzate da Placido Buffelli nel 1692, come si evince dalla iscrizione sul piedistallo del San Filippo, la statua lignea di San Matteo sull’altare maggiore del napoletano Gaetano Patalano (1691), il Martirio di Sant’Agata di Pasquale Grassi (1813) sul primo altare a sinistra, le tele con Sant’Anna e la Vergine Bambina e Sant’Oronzo (1786), entrambe di Serafino Elmo, rispettivamente collocate nella quarta e nella prima cappella a destra, l’affresco cinquecentesco della Madonna della Luce nella quinta cappella a destra. Sulla cantoria si conserva una copertura d’organo in legno dorato e intagliato del XVIII secolo proveniente dalla chiesa di Santa Croce.