Porta San Biaggio
Dedicata a San Biagio, Vescovo della Città di Sebaste, in Armenia, nel IV sec. d.C., ma considerato cittadino leccese dalla letteratura agiografica locale, la Porta costituisce l’accesso meridionale all’antico nucleo urbano. L’attuale poderosa struttura risale al 1774, quando si stabilì il rifacimento di quella più antica che, voluta da Carlo V, ormai versava in stato di decadenza. Come recita l’iscrizione in latino posta a coronamento, i lavori di ricostruzione furono realizzati a cura del Governatore di Terra d’Otranto, Tommaso Ruffo, mentre era sindaco Oronzo Nicola Prato. L’arco d’ingresso, inquadrato da coppie di poderose colonne a fusto liscio poggianti su alti basamenti, è sormontato dallo stemma di Ferdinando IV di Borbone, riconoscibile al centro, anche se in parte abraso, e da quelli della Città di Lecce, duplicati lateralmente. Al di sopra della trabeazione, aggettante in corrispondenza delle colonne e recante un fregio con metope a triglifi, si eleva il fastigio di coronamento il cui profilo mistilineo con volute e festoni vegetali, accoglie l’estesa iscrizione commemorativa. Al di sopra di una base quadrangolare animata da testine alate di angeli, vi è la scultura di San Biagio, in abiti vescovili, nell’atto di reggere con entrambe le mani un libro, suo attributo iconografico. Dalla Porta aveva inizio il lungo viale alberato che, risistemato e ampliato nel 1582 dal preside Ferrante Caracciolo, congiungeva la città al Parco, meta prediletta e ameno luogo di svago per gli abitanti della città, già in età medievale. A destra della Porta si snodava il quartiere delle Case Nuove, importante testimonianza dell’edilizia civile seicentesca, mentre sul lato sinistro si apre il vico dell’Arco delle Beccherie Vecchie, la cui denominazione si spiega con la presenza delle botteghe per la macellazione della carne.