Palazzo Carafa
Palazzo Carafa, sede dell’Amministrazione Comunale dal 1895, rappresenta un’illuminante testimonianza di quel felice connubio che vide nel Vescovo mecenate Alfonso Sozy-Carafa (1751-1783) e nel suo architetto prediletto Emanuele Manieri, i principali protagonisti del rinnovamento urbano della Lecce settecentesca. Riedificato nell’arco di sette anni, esso sostituì completamente le fabbriche del monastero delle Paolotte o degli Angiolilli e dell’annessa Chiesa dell’Annunziata, fondata nel 1542. Per la difformità delle fabbriche e l’irregolarità del sistema viario, il complesso risultava a metà settecento ormai inadeguato agli ideali di decoro ed eleganza perseguiti dal vescovo sicchè, secondo i suoi intenti, erano necessari radicali interventi di ricostruzione che conferissero maggiore regolarità al tessuto urbano. Demolito il complesso cinquecentesco, nel 1764 si avviò la radicale ricostruzione. Secondo l’originaria intenzione del Vescovo che, tuttavia non fu allora attuata, il monastero doveva essere ampliato sino ad inglobare il vicino palazzo De Noha. I gesuiti, insediati nel palazzo prospiciente e indubbiamente favoriti dal nuovo progetto che prevedeva anche l’allargamento della strada che correva tra i due edifici, contribuirono alle spese elargendo la somma di 400 ducati ma, costretti ad abbandonare la Città per la soppressione dell’Ordine nel 1767, non poterono beneficiare del nuovo assetto. I lavori, affidati al capomastro Oronzo Carrozzo, cui andò la somma di 4850 ducati, erano conclusi nel 1771. Nell’ottobre dello stesso anno le monache, nel frattempo ospitate dalle Terziarie Francescane, dalle Cappuccinelle e dalle Alcantarine, fecero il loro ingresso nella nuova dimora. Nonostante i rifacimenti dei secoli successivi, l’edificio è unanimemente considerato opera eccelsa dell’attività matura di Emanuele Manieri, emblematica di quella sapiente integrazione tra scenario urbano e spazio costruito che caratterizza la sua produzione. L’elegante prospetto originario, a due ingressi, era ritmato dall’ordine gigante di lesene di tipo corinzio, impostate su un alto basamento e culminanti nel fregio di coronamento che, inflettendosi, accoglieva una teoria di oculi. Finestre singole o a coppia di ascendenza borrominiana si alternavano ritmicamente nelle campate. Gli spazi interni si articolavano intorno ad un chiostro e la distribuzione degli ambienti prevedeva al piano terra i locali destinati alle attività quotidiane mentre al piano superiore gli alloggi delle religiose. Abitato dalle Paolotte sino al 1814, il complesso nei decenni successivi fu destinato a vari usi. Acquistato dal Consiglio Provinciale nel 1839, divenne sede di un educandato diretto dalle Suore di Carità (1841-1871) e poi dalle Suore Marcelline (1882-1893), infine nel 1895 fu acquisito dall’Autorità Comunale che ne avviò una radicale trasformazione. Nella forma attuale, l’intero edificio è il risultato composito di complesse vicende costruttive collocabili tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. L’impianto planimetrico si sviluppa in modo irregolare con un corpo principale affacciato su via Rubichi, sviluppato intorno ad un cortile rettangolare ed un ala secondaria. Nel 1898 fu rimaneggiato il prospetto principale con l’aggiunta del monumentale ingresso centrale sormontato dal poderoso balcone, progettato da Pasquale Ghezzi. Fra il 1913 e il 1917 fu demolita la Chiesa dell’Annunziata che occupava l’area adiacente la Piazza S. Oronzo. In sostituzione, fu elevata una nuova fabbrica che ospitò al primo piano la sala consiliare. Nonostante alcune polemiche, le facciate di questo nuovo corpo riproposero la medesima impaginazione del prospetto originario.