Ex Convento Delle Clarisse
Secondo la tradizione il Monastero di Santa Chiara fu fondato intorno al 1410 dal frate Tommaso Ammirato, religioso dell’Ordine dei Padri Conventuali di San Francesco, Vescovo della Città di Lecce dal 1429 al 1438, ma secondo un’altra ipotesi la fondazione si deve al facoltoso Antonio di Giovanni de Ferraris, che destinò per il monastero delle Clarisse alcuni immobili e tutti i suoi beni mobili. Il legame tra il monastero e la famiglia di origine fiorentina degli Ammirato è testimoniato ancora nel XVI secolo da lasciti testamentari e dalla presenza di monache appartenenti alla stessa famiglia. Intorno alla metà del XVII secolo è documentato il precario stato in cui si trovava il Monastero e sono attestate disposizioni vescovili perché si provvedesse al restauro e al rifacimento degli edifici. Assieme ai lavori della chiesa furono realizzati anche quelli del convento e nel 1691 si attesta che le Clarisse presero nuovamente possesso dei locali. Da una visita pastorale del 1747 si evince che le celle delle monache erano venti e che esistevano tre dormitori, un refettorio e una dispensa. Intorno agli anni ’30 del XIX sec. l’edificio, in precarie condizioni, necessitava di massicci interventi di ristrutturazione e durante i lavori la monache furono trasferite in poche stanze attigue al monastero. Nel 1837 fu demolito il vecchio edificio e i lavori si protrassero fino al 1841. Con il decreto di soppressione degli Ordini religiosi, del 17 febbraio 1861, il monastero fu privato dei beni, la cui amministrazione passò in parte al demanio e in parte a privati cittadini. Le ultime clarisse rimasero nel monastero fino al 1866, quando la comunità fu definitivamente soppressa e trovarono accoglienza presso il Monastero delle Benedettine di San Giovanni Evangelista. Gli ambienti del complesso furono in seguito adibiti a uffici dell’Intendenza delle Finanze. L’ex monastero si presenta, dopo i numerosi interventi ottocenteschi ad opera dell’architetto gesuita Giambattista Jazzeolla e dopo le trasformazioni avvenute in seguito alla soppressione, assai compromesso nella sua veste più antica. I pochi elementi superstiti si riducono a qualche arco a pian terreno sovrastato dalle centine di una loggia, anch’essa obliterata. Gli ambienti del monastero, disposti su due piani, sono distribuiti intorno a un cortile quadrangolare percorso da un ballatoio. Soluzione adottata anche nel corpo di fabbrica che pone le fondamenta sul Teatro Romano. Il prospetto su via Arte della Cartapesta è quello che presenta le stratificazioni più complesse e conserva all’esterno tracce di paramenti murari più antichi e le caditoie ormai murate. Il prospetto ottocentesco su via degli Ammirati è scandito orizzontalmente da una cornice marcapiano poco aggettante che separa i due piani. A piano terra si apre un portale archivoltato con bugne alternate, gioco riproposto per scandire verticalmente alcuni corpi di fabbrica. Ai lati del portale si aprono semplici finestre rettangolari con una sobria cornice geometrica, mentre al piano superiore le finestre architravate presentano un profilo curvilineo interno.