La Chiesa di San Giovanni Battista, detta del Rosario d’Ajmo, dal nome del fondatore dell’antico convento domenicano, fu ricostruita sul sito di una precedente che risaliva al 1388, anno di arrivo dei padri predicatori in città. La data di fondazione del nuovo edificio risale al 6 marzo 1691, dopo che si era pensato di affidare l’incarico a Salvatore Miccoli di Lequile (Le), esperto nella costruzione di edifici a pianta centrale con cupola. Di fatto, il progetto fu richiesto al settantenne Giuseppe Zimbalo che, a questa costruzione, si impegnò con tutte le sue forze contribuendo, anche personalmente, al finanziamento dei lavori, oltre che alla sua esecuzione.
Nel 1710 lo Zimbalo morì e il cantiere fu portato a compimento nel 1728 da altri artisti, di cui non si conoscono i nomi, ma l’impronta stilistica resta zimbalesca. Lo Zimbalo profuse nella macchinosa facciata tutte le sontuosità delle sue bizzarre invenzioni (cespi fioriti e pinnacoli floreali al piano superiore). Il prospetto, diviso in due ordini, richiama in senso monumentale quello laterale del Duomo. In quello inferiore, due colonne scanalate e riccamente ornate da capitelli con cavalli alati, e il simbolo dei Domenicani, si affiancano ad un sontuoso ingresso sormontato dalla statua di San Domenico di Guzman. Il secondo ordine è delimitato da una bellissima balaustra a colonnine e presenta, nel mezzo, la statua della Vergine. Ai lati ricchi trofei e sotto il timpano, arricchito da motivi ornamentali plastici, vi è una seconda balaustra a colonnine più piccola. L’interno è a croce greca, i cui quattro bracci si articolano verticalmente in due ordini. Il primo, ricco di decorazioni a rilievo, con i suoi pilastri sorregge il secondo, ove si aprono grandi finestre con lesene. Lungo il perimetro ottagonale, addossate ai pilastri, procedendo da destra si trovano le statue in pietra leccese dei SS. Tommaso D’Aquino, Agostino, Paolo, Pietro, Gregorio Magno, Ambrogio e Girolamo. Di notevole interesse è il pulpito, l’unico dei templi leccesi costruito in pietra locale. Oltre l’altare maggiore, nella chiesa sono presenti altri dodici altari riccamente decorati da rilievi barocchi, da statue e da pregevoli tele. Al posto di una cupola, resa forse irrealizzabile dall’ampiezza e dalla prematura morte dello Zimbalo, fu realizzata una copertura a capriate lignee. Alla base dei pilastri sono scolpiti i vari stemmi delle famiglie che contribuirono alla realizzazione della chiesa. La fabbrica venne affidata nel 1821 al sodalizio locale del Rosario, in seguito alla soppressione dell’Ordine dei Domenicani. Nel 1948, la chiesa si fregiò del titolo di Basilica minore, per volere del pontefice Pio XII. Attaccato alla chiesa c’è il Convento dei Domenicani, in origine realizzato con l’architettura ogivale e terminato nel 1408. Venne ricostruito nel XVIII secolo probabilmente da Emanuele Manieri, che distribuì all’estremità del prospetto, diviso in cinque parti da sei lunghe paraste, due ampi portali sormontati da balconi. L’interno presenta un grande chiostro e, attualmente, il convento è sede dell’Accademia delle Belle Arti.